Sono passati ben 116 anni da quando nel luglio 1889 a Parigi il congresso della II internazionale deliberò per il 1° maggio 1890 una manifestazione simultanea in tutti i Paesi, per chiedere ai governi di “ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore”. La scelta della data non fu casuale. Si voleva infatti ricordare la drammatica repressione del grande sciopero generale di Chicago dei primi quattro giorni del maggio 1886, per ottenere le otto ore: dopo che l’imponente manifestazione si era svolta senza incidenti, il 3 maggio, durante un picchettaggio alla officine MC Cormick gli operai vennero duramente caricati dai poliziotti e sul terreno rimasero sei morti.

Il 1° maggio non è quindi la festa della primavera, né una giornata celebrativa del valore morale del lavoro, dove si tengono belli ed interessanti concerti; è invece una giornata di contestazione all’organizzazione capitalistica del lavoro sempre più basata sui bassi salari, sulla precarietà e sulla negazione dei diritti.

Certo: quanto sembra lontano da noi il clima, ai più sconosciuto, di quel 1° maggio del 1890, quando in Italia l’allora il Governo Crispi proibì “ rigorosamente ogni e qualunque pubblica riunione, adunanza, assembramento, aventi per scopo di partecipare alla manifestazione operaia del 1° maggio…”. Anche se oggi il 1° maggio è liberamente vissuto in manifestazioni gioiose, pensiamo che ogni forza politica e sociale di sinistra che voglia fare propri gli interessi dei lavoratori debba assumersi un impegno ineludibile: quello di dare il massimo contributo per creare nel Paese un grande movimento che sia in grado di contrastare l’attacco generalizzato ai diritti dei lavoratori, allo stato sociale, alla democrazia.

Negli ultimi anni il lavoro si è notevolmente modificato. Una vera e propria metamorfosi. Si è passati dall’operaio massa all’interno delle grandi fabbriche (es. Badoni, Sae, Arlenico ec.c..) al lavoro autonomo cosiddetto di “seconda generazione” e alla diffusione di nuove forme di flessibilità selvaggia. Un processo questo che ha favorito precarietà, insicurezza e maggior sfruttamento anche nella nostra provincia, che attualmente vede oltre 30mila persone occupate con “contratti atipici”. Una enormità. Un problema che non può, anche dopo la recente abolizione dei voucher, non essere messo al centro dell’attenzione di tutta la sinistra.

In questi anni si è lasciato deperire l’apparato industriale; si è preferito trasformare i profitti scaturiti dal contenimento del costo del lavoro e dal maggior sfruttamento in rendite finanziarie e parassitarie anziché investire nella ricerca e nella qualità dei prodotti. Per questo permane la crisi che vede ancora coinvolte decine e decine di aziende anche nel nostro territorio.

Per rilanciare l’economia, il lavoro sicuro e i diritti, occorrono interventi per un’effettiva qualità dello sviluppo finalizzati non verso gli speculatori che vogliono privatizzare i servizi di prima necessità, per fare cassa e profitti sulla salute o con le bollette dei servizi stessi, ma verso i grandi interessi sociali di massa.

Per questo SINISTRA ITALIANA, impegnata contro l’attacco alle condizioni di vita delle lavoratrici e dei lavoratori, in questo 1° maggio fa appello all’unità dei lavoratori, perché insieme alle forze politiche di sinistra e alle forze sociali di progresso si manifesti e si torni in piazza, per rilanciare i valori di democrazia sociale ed economica, scritti in primo luogo nella Costituzione della Repubblica nata dalla Resistenza e fondata sui diritti del lavoro.

Questo articolo è stato scritto da Giancarlo Bandinelli, Sinistra Italiana Lecco